Un’asta benefica tra spettacolo e impegno sociale ha acceso i riflettori sull’idrocefalo normoteso, patologia ancora poco conosciuta ma curabile con una diagnosi precoce.
Sensibilizzare su una patologia poco nota ma estremamente impattante come l’idrocefalo normoteso è possibile, anche attraverso il linguaggio dell’arte e dello spettacolo. A Roma, presso lo spazio culturale di Palazzo Merulana, si è svolto un evento capace di coinvolgere pubblico e istituzioni in un mix perfetto di emozione, consapevolezza e beneficenza. Protagonista della serata è stato l’attore e conduttore Flavio Insinna, affiancato da Adriana Riccio, che ha messo a disposizione la sua verve e sensibilità per sostenere una causa importante. L’iniziativa ha preso il nome “Dall’oblio alla luce, dall’immobilità al movimento”, a evocare in modo simbolico l’esperienza di chi vive con l’idrocefalo normoteso, spesso frainteso con altre patologie neurologiche come l’Alzheimer. La raccolta fondi organizzata dall’A&G Global Events in sinergia con il dottor Gianpaolo Petrella, neurologo, ha permesso di raccogliere quattromila euro, grazie anche all’asta benefica che ha visto battute dieci opere d’arte ispirate proprio alla patologia.
Perché parlarne è fondamentale
Nel corso della serata, il dottor Gianpaolo Petrella ha spiegato in modo chiaro e accessibile cos’è l’idrocefalo normoteso, una patologia neurologica caratterizzata da un accumulo anomalo di liquido cerebrospinale nei ventricoli cerebrali, che può causare disturbi del cammino, incontinenza urinaria e declino cognitivo. Spesso, questa condizione viene confusa con forme di demenza o altre malattie neurodegenerative, portando a ritardi diagnostici anche di anni. Eppure, ha sottolineato Petrella, basterebbe un esame diagnostico semplice e non invasivo per identificarla. In molti casi, un intervento tempestivo può restituire al paziente una vita pienamente autonoma. A supporto di questo messaggio, è stato proiettato il cortometraggio “Dall’oblio alla luce” di Francesco Sacco e Vincenzo Mattias, prodotto da Saccomatto Film Production, che ha raccontato visivamente l’esperienza e la rinascita dei pazienti colpiti da idrocefalo normoteso.
Testimonianze e arte al servizio della salute
Uno dei momenti più toccanti della serata è stata la testimonianza del giornalista del Tg2 Dario Celli, che ha raccontato la sua battaglia personale contro l’idrocefalo normoteso. Un racconto autentico e sincero che ha acceso nel pubblico l’urgenza della diagnosi precoce: “Tutto è iniziato da una camminata incerta e le osservazioni di un collega. Solo dopo mesi difficili ho avuto la conferma grazie al dottor Petrella, e nel 2020 un intervento mi ha ridato la libertà”, ha raccontato. L’evento ha visto anche la partecipazione di Manuela Tonon, presidente dell’Associazione Amiche per la Pelle, che ha ribadito l’importanza di fare rete e promuovere informazione capillare su malattie come l’idrocefalo normoteso, spesso ignorate dal grande pubblico.
Quando la creatività incontra la medicina
La componente artistica della serata ha trovato spazio in un’asta benefica che ha portato all’attenzione opere uniche, ispirate proprio all’idrocefalo normoteso. Le dieci creazioni selezionate da MAD di Fabio D’Achille sono state raccontate con grande passione e competenza da due esperte: Lorena Gava, critica d’arte e storica, e Valentina D’Innocenzi, Dottoressa in Lettere Antiche e Storia Medievale. Ogni opera ha rappresentato un simbolo di consapevolezza con materiali, forme e colori che richiamano la complessità del cervello umano e la speranza del ritorno alla luce dopo l’ombra della malattia. Anche Flavio Insinna, noto per il suo impegno sociale oltre che per la carriera televisiva, ha voluto partecipare attivamente all’asta, aggiudicandosi una delle sculture esposte. “Anche se una patologia non ci riguarda personalmente oggi, non significa che non esista. Donare è un atto di responsabilità civile”, ha dichiarato con fermezza.
Un argomento che merita visibilità
L’intero evento ha dimostrato quanto il tema dell’idrocefalo normoteso necessiti di una maggiore attenzione mediatica e scientifica. Serate come questa non solo offrono un contributo economico concreto alla ricerca e alla cura, ma creano ponti tra pazienti, medici, arte e società. Il messaggio lanciato da Roma è chiaro: parlare di salute con il linguaggio dell’empatia e della cultura può fare la differenza nella vita delle persone.