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Sanità sotto assedio, in Italia 1600 aggressioni l’anno

L’aggressione mortale ai danni della psichiatra Barbara Capovani ha riacceso i riflettori su un problema tanto grave quanto sottovalutato dalle istituzioni: le aggressioni al personale medico. In Italia i numeri sono allarmanti. Infatti, secondo i dati diffusi dall’Inail le aggressioni al personale sanitario sono oltre le 1600 ogni anno e questo dato si riferisce soltanto a quelle denunciate.

L’aggressione mortale ai danni della psichiatra Barbara Capovani ha riacceso i riflettori su un problema tanto grave quanto sottovalutato dalle istituzioni: le aggressioni al personale medico. 

Un problema non soltanto italiano, come rilevato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fra l’8% e il 38% degli operatori sanitari ha subito una forma di violenza fisica nel corso della sua carriera e che sono ancora più numerosi coloro che sono stati aggrediti verbalmente. A correre i rischi maggiori, rileva l’Oms, sono gli infermieri e coloro che lavorano nei pronto soccorso.

In Italia i numeri sono allarmanti. Infatti, secondo i dati diffusi dall’Inail le aggressioni al personale sanitario sono oltre le 1600 ogni anno e questo dato si riferisce soltanto a quelle denunciate. Con 4 aggressioni che si verificano ogni giorno gli operatori sanitari sono letteralmente sotto assedio e senza difese. 

I rischi maggiori di subire violenze riguardano gli infermieri e coloro che lavorano nei pronto soccorso. Fra le professioni più colpite ci sono anche gli educatori impegnati con tossicodipendenti e alcolisti, gli operatori socio-sanitari e i medici.

Le aggressioni sono un fenomeno che colpisce soprattutto le donne e gli operatori più giovani, tra i 35 e i 49 anni. Le regioni più colpite sono la Puglia e la Lombardia.

La legge approvata nel 2020, che prevede sanzioni penali più severe per chi commette violenze contro il personale sanitario, è un passo importante nella lotta a questo fenomeno. È stato inoltre istituito un Osservatorio per monitorare la situazione e promuovere azioni di prevenzione.

Tuttavia, gli addetti ai lavori sostengono che i numeri registrati rappresentino solo la punta dell’iceberg, poiché molte aggressioni verbali non vengono denunciate e possono portare alla decisione di abbandonare la professione.

In conclusione, è importante sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze delle violenze sul personale sanitario e promuovere azioni di prevenzione e di tutela dei professionisti che ogni giorno si impegnano a garantire la salute dei cittadini. Solo così si potrà garantire un ambiente di lavoro sereno e sicuro per tutti gli operatori della salute.

L’aggressione della psichiatra Barbara Capovani davanti all’ospedale Santa Chiara di Pisa è solo il più recente di una lunghissima sequenza di episodi violenti ai danni di medici e infermieri, che vanno dalle minacce a lesioni più o meno gravi. Il problema è internazionale, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità segnala che fra l’8% e il 38% degli operatori sanitari ha subito una forma di violenza fisica nel corso della sua carriera e che sono ancora più numerosi coloro che sono stati aggrediti verbalmente. A correre i rischi maggiori, rileva l’Oms, sono gli infermieri e coloro che lavorano nei pronto soccorso. E’ un quadro che descrive bene anche la realtà italiana, dove i dati dell’Inail indicano che le aggressioni al personale sanitario sono complessivamente 1.600 l’anno, dagli ambulatori di psichiatria alle guardie notturne, con una media di poco più di 4 al giorno Delle 4.821 aggressioni registrate dall’Inail nel triennio dal 2019 al 2021, il 71% ha avuto come vittima una donna; l’analisi per fasce d’età indica poi che gli operatori sanitari più colpiti (39%) hanno fra 35 e 49 anni, seguiti (37%) da colo che hanno fra 50 e 64 anni. Tra le professioni più colpite ci sono gli infermieri e gli educatori impegnati con tossicodipendenti e alcolisti; seguono gli operatori socio-sanitari (29%) e a distanza i medici (3%). Fra le regioni nelle quali il fenomeno è più frequente c’è la Puglia, come è emerso dall’indagine presentata recentemente dall’Ordine dei medici di Bari in collaborazione con il Gruppo di lavoro donne medico Agapanto. I loro dati indicano, per esempio, che nel 2022 le aggressioni sono aumentare del 60,87% fra gli operatori della Croce Rossa, che nel 20,48 % dei casi l’aggressione è avvenuta da parte di un gruppo e nel 44,18% dei casi l’aggressore era un utente della struttura sanitaria. Per gli addetti ai lavori questi numeri descrivono però solo la punta di un iceberg. Per esempio, secondo l’Ordine delle professioni infermieristiche non vengono quasi più denunciate le aggressioni verbali, che sono comunque motivi importanti di stress e che possono portare anche ad abbandonare la professione.
Per fermare l’escalation è stata approvata nel 2020, una legge che prevede un aumento della sanzioni penali in caso di violenza al professionista sanitario ed è stato istituito un Osservatorio dedicato a questo tema.

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