di Giulio Rapetti Mogol
Presidente SIAE, Società Italiana Autori Editori
Come la musica e l’architettura, la medicina è una delle mie grandi passioni, una disciplina che ho coltivato negli anni, frequentando quattro università italiane.
Di fronte al pericolo del Covid-19 ritengo che la nostra più importante difesa sia il vaccino. Mi ritrovo per questo nelle considerazioni più volte espresse dai luminari dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, che ho seguito nei loro interventi in tv.
Comportamenti avventati, come pure certe affermazioni tese a negare o minimizzare l’insidia del virus, mettono a repentaglio la nostra incolumità.
La medicina insegna che occorre basarsi su dati reali, chi si allontana dalle evidenze scientifiche rischia grosso. Per questo ritengo che opporsi pregiudizialmente al vaccino, al giorno d’oggi, sia un atteggiamento controproducente, come attentare alla nostra stessa vita.
C’è poi una situazione economica di grave sofferenza sulla quale il governo deve intervenire. Per ripartire superando l’attuale fase di incertezza occorrerà una straordinaria mobilitazione delle energie della nostra società.
All’interno della struttura che ho fondato in Umbria, accreditata come sede universitaria per valorizzare giovani talenti e diffondere la musica popolare, ho creato uno spazio dedicato alla ricerca intitolato “La Rinascita”.
È un luogo dove studiare le difese globali dell’organismo umano. Abbiamo sette ambulatori con ecodoppler, elettrocardiografi, ecografi. Tutto questo l’ho realizzato in modo da poter offrire ai nostri ospiti non soltanto servizi di accoglienza, ma anche percorsi salutari. Per fare prevenzione è opportuno affidarsi nondimeno alla tecnologia.
La diagnosi è il presupposto necessario per avviare processi di cambiamento e guarigione.
Mi è capitato di conoscere persone che evitano di rivolgersi al medico per paura di scoprire qualcosa di spiacevole, ma questo atteggiamento irrazionale sposta solo avanti i problemi, aggravandoli.
La condizione che stiamo attraversando in questi mesi è opprimente, si avverte il bisogno di reagire, di ritrovare un equilibrio. In questo senso la preghiera e la musica sono ottimi alleati.
Nel 1988 scrissi il testo della canzone “Gesù Cristo”, poi musicata e cantata da Alessandro Bono. Mesi fa, in pieno lockdown, ho rimesso mano al pezzo, adattandolo ai giorni nostri.
Il brano è stato molto apprezzato, sia nella versione originale sia in quella nuova, segno che musica e speranza sono un irrinunciabile sostegno, in momenti come questo.