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La riabilitazione robotica nel recupero della persona colpita da ictus cerebrale (e non solo)

Ad oggi in Italia la riabilitazione robotica è applicata solo a pochi pazienti, poiché non riconosciuta tra le prestazioni del Sistema Sanitario. Così, però, i diritti alla cura sono molto limitati

«La situazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza), nei quali sono elencate le prestazioni del Sistema Sanitario, è molto discutibile», spiega Alessandro Giustini, Direttore Ospedale Riabilitativo San Pancrazio – Arco (Trento). «È un elenco vecchio, nonostante uno più nuovo sia stato approvato che però non è mai stato messo in pratica. Ecco perché discutibile: esiste un elenco teorico dei nuovi Lea, che però non è praticabile, in quanto non finanziato. Ebbene, una di queste nuove prestazioni nel nuovo elenco non tariffato, si riferisce proprio al trattamento riabilitativo con apparecchiature di nuova tecnologia robotica. È però una definizione talmente generica che, qualora venisse tariffata –  altro difetto di questa situazione – si rischierebbe di pagare troppo le prestazioni di basso livello tecnologico e poco quelle di alto livello tecnologico. Quello che noi stiamo quindi sperando di ottenere, è che quella voce unica diventi un capitolo delle prestazioni di trattamento riabilitativo con l’utilizzo di tecnologie elettromeccaniche e robotiche».

Nel corso degli ultimi anni sono stati portati avanti numerosi studi relativi alla riabilitazione robotica: sono 316 quelli inclusi e analizzati in tutta la letteratura esistente di ricerca e clinica a livello mondiale. La prima Conferenza di Consenso a livello mondiale in questo ambito ha mostrato come la popolazione più studiata sia stata quella colpita da ictus cerebrale, con ben 169 studi. 

Le indicazioni emerse sono molto positive e stimolano la ricerca a proseguire su questa strada, valutando in particolare gli elementi di neuro plasticità dopo ictus e di integrazione con le più “tradizionali” metodiche di trattamento riabilitativo.

La maggior parte degli studi, concentrata appunto sulla riabilitazione in persone con esiti di ictus cerebrale, ha esaminato la riabilitazione del cammino e dell’equilibrio e quella dell’arto superiore, evidenziando positivi effetti in ogni fase della malattia.

La letteratura ha in ogni caso mostrato che la mobilizzazione precoce e gli interventi mirati riducono la durata dell’ospedalizzazione e migliorano la disabilità. La riabilitazione robotica, dunque, rappresenta un’opzione terapeutica fondamentale per arricchire il trattamento e migliorare l’autonomia globale del paziente colpito da ictus.

«La riabilitazione robotica (assistita da tecnologie innovative e robot) deve essere considerata parte integrante dell’intervento riabilitativo: ha come obiettivo quello di perfezionare i trattamenti riabilitativi standard attraverso l’interazione tra professionista della riabilitazione, paziente e robot», conclude il dottor Giustini. «I robot, dotati di sistemi di controllo adattivi, permettono di personalizzare l’intervento riabilitativo in base alle necessità e abilità residue specifiche di ogni paziente, al fine di favorire il recupero sensori-motorio, cognitivo e comportamentale. I trattamenti riabilitativi assistiti da robot sono inoltre caratterizzati da alta intensità e ripetitività, sono sicuri e affidabili e permettono la quantificazione dei parametri caratteristici dei movimenti effettuati, con una valutazione funzionale oggettiva. Sono uno strumento sempre più importante nelle mani del medico fisiatra e del fisioterapista per ampliare le loro capacità di cura. Purtroppo, fino ad oggi, può esser applicata nel nostro Paese solo a pochi pazienti se vengono inseriti in studi e ricerche, oppure a pagamento, perché appunto non riconosciuta tra le prestazioni del Sistema Sanitario: i diritti alla cura di tutti i cittadini colpiti da Ictus sono in questo modo gravemente limitati». Da qui l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica e tutte le parti coinvolte su questo importante tema.

Ricordiamo che, solo in Italia, l’ictus cerebrale colpisce circa 120mila persone ogni anno: per la sua elevata incidenza, costituisce un problema assistenziale, riabilitativo e sociale di enormi dimensioni. Si tratta di un fenomeno in crescita, anche per l’invecchiamento progressivo della popolazione, motivo per cui sarà sempre più necessario affidarsi a strategie di prevenzione  e  riabilitazione – come la riabilitazione robotica – per gestire in modo sostenibile e adeguato la patologia nel lungo termine e in un contesto di cronicità e comorbidità.

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