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Farmaci equivalenti: occorre una comunicazione chiara

Intervista a Giuseppe Lanna, Presidente Provinciale SNAMI, Regione Lazio

In Italia, i farmaci di marca generano ancora un copayment annuale di oltre un miliardo di euro, risorse che potrebbero essere utilizzate meglio. Nonostante i progressi, permangono resistenze tra operatori e pazienti, spesso dovute a informazioni poco accurate.

Durante l’evento “IL RUOLO SOCIALE DEL FARMACO EQUIVALENTE – CALL TO ACTION”, promosso da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Teva, Giuseppe Lanna, Presidente Provinciale SNAMI, Regione Lazio, ha dichiarato: “Sappiamo che molti pazienti sono sovra-trattati e il fatto di cambiare spesso il packaging del farmaco, o il colore, può generare confusione e diffidenza. Questo è uno dei problemi principali nella diffusione del farmaco equivalente. I pazienti politrattati, che assumono 10-12 farmaci complessi, vanno in crisi quando cambia la scatola o la formulazione. Per evitare errori, preferiscono tornare al brand, con una spesa mensile che può arrivare a 30-40 euro, una sorta di ‘tassa’. La mia strategia è di inserire la non sostituibilità in farmacia anche per il farmaco equivalente. Non tutti i colleghi sono d’accordo, perché sembrerebbe associare un medico a una specifica casa farmaceutica, ma dobbiamo superare questa diffidenza, un retaggio del passato. È importante per far sì che il paziente abbia sempre la stessa scatola e lo stesso colore di pillola”.

Ha quindi aggiunto: “Sulla qualità dei farmaci equivalenti non c’è discussione: è accertata e il pregiudizio che ci sia una diversa qualità è infondato. Questo pregiudizio deriva dal fatto che inizialmente furono chiamati ‘generici’, termine che spesso viene associato a bassa qualità. Questo non ha favorito la diffusione del farmaco equivalente. Un problema ulteriore è che molti specialisti, soprattutto al momento della dimissione, prescrivono farmaci brand. Ad esempio, per le eparine, che nella Regione Lazio sono fornite attraverso gare vinte da farmaci equivalenti, ci troviamo spesso il nome del brand sul foglio di dimissione, causando confusione nei pazienti”.

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