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Meno zucchero nei primi mille giorni di vita: adulti più sani e cuore protetto

Uno studio pubblicato sul British Medical Journal mostra che una dieta povera di zuccheri nella prima infanzia (e nella gestante durante i mesi in dolce attesa) abbassa il rischio cardiovascolare fino al 31%



La salute del cuore si costruisce fin dai primi istanti di vita. Sempre più ricerche confermano che i primi mille giorni di vita (dall’epoca della gestazione fino ai due anni di età) rappresentano una finestra cruciale per lo sviluppo fisico e neurologico, ma anche sotto il profilo metabolico e cardiovascolare. In questo periodo, l’alimentazione svolge un ruolo determinante, e tra i fattori più influenti emerge l’introito di zuccheri con l’alimentazione. Uno studio pubblicato sul British Medical Journal (BMJ) rilancia questa evidenza, mostrando come una ridotta esposizione agli zuccheri nei primi anni di vita si traduca, a distanza di decenni, in un profilo cardiovascolare significativamente migliore.

La ricerca ha analizzato i dati di quasi 65.000 persone nate nel Regno Unito tra il 1951 e il 1956, un periodo segnato dagli ultimi anni del razionamento alimentare imposto durante e dopo la Seconda guerra mondiale. In particolare, il razionamento dello zucchero, protrattosi fino al 1953, ha offerto ai ricercatori un “esperimento naturale” per valutare gli effetti a lungo termine di una dieta povera di zuccheri nella prima infanzia.

“Abbiamo sfruttato un esperimento naturale basato sulla politica di razionamento dello zucchero del Regno Unito”, scrivono gli autori dello studio. Il sistema di distribuzione prevedeva razioni settimanali calcolate scientificamente per garantire l’assunzione nutrizionale minima necessaria per la salute, con zucchero e dolci strettamente limitati. Per gli adulti, le quantità erogate erano in linea con le attuali linee guida dietetiche, mentre ai bambini sotto i due anni non veniva assegnato zucchero o dolci come parte della razione.

Settant’anni dopo, i ricercatori hanno confrontato la salute cardiovascolare di chi era stato esposto a questo regime alimentare con quella di coetanei nati pochi anni più tardi, quando il razionamento era stato abolito. I risultati sono sorprendenti: i bambini che rientravano nel range delle diete povere di zuccheri presentavano un rischio del 20% più basso di sviluppare malattie cardiovascolari, del 25% in meno di incorrere in infarto, scompenso cardiaco o fibrillazione atriale, del 31% in meno di ictus e del 27% in meno di mortalità per cause cardiovascolari.

Gli autori dello studio invitano alla cautela nell’interpretazione dei dati, sottolineando che le abitudini alimentari e lo stile di vita delle popolazioni del passato non sono sovrapponibili a quelli attuali. Tuttavia, ritengono improbabile che eventuali aggiustamenti metodologici possano ribaltare i risultati principali. “I nostri risultati sottolineano il beneficio degli accorgimenti incentrati sul razionamento dello zucchero durante i primi 1.000 giorni dopo il concepimento”, concludono.

Lo studio si inserisce in un filone crescente di ricerche che evidenziano l’importanza della nutrizione precoce per la prevenzione delle malattie croniche. In particolare, la riduzione degli zuccheri aggiunti nei primi anni di vita potrebbe rappresentare una strategia efficace per contenere l’epidemia globale di malattie cardiovascolari.

In un’epoca in cui il consumo di zuccheri compare spesso nella prima infanzia, i dati dello studio britannico offrono uno spunto importante per ripensare le condotte nutrizionali e le raccomandazioni della pediatria. La salute del cuore, come dimostra la ricerca, può iniziare da un cucchiaino in meno.

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