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Dazi sui farmaci, il ministro Schillaci: “Momento delicato, bene una pausa. Risolveremo”

Gli italiani si fidano della sanità pubblica, molti finiscono tuttavia per rivolgersi all’offerta privata a causa delle lunghe liste d’attesa. Questo il messaggio chiave di un sondaggio su campione non statistico lanciato da Adnkronos sul suo portale, che ha coinvolto oltre 6mila utenti dal 25 febbraio al 3 marzo in vista del dibattito “Salute e Sanità, il doppio binario” che si è svolto a Roma presso il Palazzo dell’Informazione. Sono intervenuti, tra gli altri, il ministro Orazio Schillaci, il sottosegretario Marcello Gemmato, il presidente Farmindustria, Marcello Cattani, il presidente Aifa, Robert Nisticò, e Marina Sereni, responsabile salute e sanità nella segreteria nazionale Pd.

Le risposte degli utenti sono nette: il 65% del campione, infatti, continua a fidarsi del servizio sanitario pubblico e si dichiara abbastanza informato della differenza tra cure pubbliche e private. I cittadini interpellati considerano ancora la sanità privata come un’alternativa per pochi e soltanto il 24% dichiara di avere un’assicurazione sanitaria. Nonostante questo, il 44% dei rispondenti nell’ultimo anno si è dovuto rivolgere alla sanità privata perché costretto dalle lunghe liste d’attesa, che nel pubblico hanno portato il 62% dei cittadini a dover rinunciare a un esame programmato.

Un quadro poco rassicurante anche considerando che con l’aumento dell’aspettativa di vita, le esigenze sanitarie stanno cambiando ed è quindi fondamentale che i sistemi sanitari siano in grado di rispondere alle sfide attuali e future gestendo le malattie croniche e le necessità di assistenza a lungo termine. La salute è un diritto fondamentale per ogni individuo e rappresenta una priorità per le società moderne, è essenziale quindi che la sanità pubblica si adatti e risponda alle esigenze dei cittadini che sono oggi in continua evoluzione.

Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenendo al convegno per discutere di temi attuali legati alla salute e all’industria farmaceutica, ha fatto particolare riferimento alla questione dei dazi legata ai farmaci. “Se guardiamo al mondo del farmaco, in particolare, si tratta di un argomento sensibile e colgo positivamente il fatto che la data sia stata posticipata di tre mesi – ha sottolineato Schillaci – Questo dà tempo per trovare delle soluzioni. All’inizio – ha ricordato il ministro – i farmaci non erano stati messi tra gli oggetti di questi dazi. E su questo faccio una riflessione: come sapete gli Stati Uniti, ma come anche molti Paesi europei, dipendono per tanti principi attivi da altre nazioni, penso alla Cina, all’India. Quindi il fatto di applicare i dazi potrebbe avere poi delle ripercussioni anche sulla disponibilità dei farmaci per i cittadini americani. Quindi è un argomento sensibile, che credo vada inquadrato all’interno di tutto il problema dei dazi”.

Una delle sfide più impegnative che oggi la salute pubblica si trova a dover affrontare è rappresentata dall’antibiotico resistenza. Ogni anno, milioni di persone in tutto il mondo si trovano a fronteggiare infezioni che non rispondono più ai trattamenti antibiotici tradizionali, portando a complicazioni gravi e, in alcuni casi, alla morte.
L’uso eccessivo e inappropriato di antibiotici è uno dei principali fattori che contribuiscono a questo fenomeno e le istituzioni sanitarie, i professionisti del settore e i cittadini devono collaborare per promuovere pratiche di prescrizione più prudenti e per investire nella ricerca di nuovi antibiotici e alternative terapeutiche.

“Il tema della resistenza agli antibiotici “è molto complesso e va approcciato da tanti punti di vista. È un problema non solo italiano, ma globale. E a questi problemi globali dobbiamo dare risposte coordinate, mirate ed efficaci. Perché i numeri sono preoccupanti – ha dichiarato Robert Nisticò, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa. L’antimicrobico-resistenza, spiega in un videomessaggio inviato in occasione dell’evento, “è una situazione che ci preoccupa perché nel 2050, se non agiamo oggi, potrà essere considerata la prima causa di morte nel mondo. Inoltre, l’antimicrobico-resistenza oggi al nostro Paese costa tanto: i danni” collegati a questo fenomeno “pesano circa 2,4 miliardi di euro all’anno. Abbiamo 2,7 milioni di posti letto occupati a causa dell’antimicrobico-resistenza. Quindi certamente dobbiamo fare molto di più”.

Alla luce della situazione attuale, che vede il sistema sanitario in difficoltà nel mantenere i livelli di eccellenza che per decenni l’hanno posizionato ai vertici delle classifiche internazionali, si avverte la necessità di riflettere sull’opportunità di ridefinire gli equilibri tra erogatori pubblici e privati. La continua riduzione delle risorse destinate alla sanità, da un lato, e i cambiamenti strutturali della popolazione, dall’altro, stanno infatti determinando un aumento della domanda di servizi sanitari che il solo sistema pubblico non è più in grado di soddisfare adeguatamente.

Si dovrebbe valutare l’opportunità di una maggiore integrazione tra il settore pubblico e il settore privato accreditato in una logica di complementarietà che preveda la distribuzione delle diverse aree di competenza. Un simile approccio potrebbe infatti favorire una gestione ottimale delle risorse disponibili, migliorando l’efficienza complessiva del sistema, con una riduzione dei tempi di attesa, l’ampliamento dell’accessibilità ai servizi e il miglioramento complessivo della qualità assistenziale. “Mai come in questa fase l’informazione ha un ruolo importante per stimolare il cambiamento che serve ad accelerare la trasformazione della sanità pubblica – sottolinea Fabio Insenga, Vicedirettore Adnkronos -. Servono risorse, servono competenze e scelte coerenti, e servono anche domande e analisi che aiutino a ottenere le risposte che servono”.

La scommessa risiede nell’individuare un equilibrio tra i vari attori del sistema sanitario, pubblico e privato, affinché la collaborazione non solo migliori l’efficienza, ma preservi e potenzi i principi fondanti del servizio pubblico, come l’universalità, l’equità e l’accesso universale alle cure. La ricerca rappresenta un motore fondamentale per l’innovazione e il progresso nel settore della salute. Grazie a studi avanzati e a nuove scoperte, possiamo migliorare le terapie, sviluppare nuovi farmaci e affrontare malattie fino a poco tempo fa incurabili. Tuttavia, la carenza di risorse finanziarie e umane continua a rappresentare un ostacolo significativo e senza investimenti adeguati le potenzialità della ricerca rischiano di rimanere inespresse, limitando le opportunità di progresso e di miglioramento delle cure per i pazienti.

“È fondamentale continuare a garantire l’accesso ai farmaci innovativi, proprio come avviene per tutti gli altri farmaci, compresi quelli non innovativi. Questo è possibile grazie a una giusta remunerazione – sottolinea Marcello Cattani, presidente di Farmindustria – da parte del sistema sanitario e a un accesso rapido e centralizzato, reso possibile dalla riforma di AIFA, che ha eliminato alcune barriere regionali. Inoltre, è importante migliorare l’attrattività per le industrie farmaceutiche, poiché il contesto competitivo e macroeconomico richiede di essere più attrattivi per proteggere ciò che abbiamo e attrarre nuovi investimenti, riducendo anche i costi per le imprese”

Diventa indispensabile riconoscere le eccellenze del nostro sistema sanitario, tra cui università, centri di ricerca e ospedali di alta specializzazione che stanno facendo passi da gigante contribuendo a posizionare il nostro Paese tra i leader nella ricerca biomedica. Per non perdere terreno serve promuovere la cultura della collaborazione tra università, centri di ricerca e ospedali. L’approccio integrato e inclusivo può trasformare i progressi scientifici in benefici per tutti, migliorando il sistema sanitario e la salute della popolazione.

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