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Vaccini, la carica contro la pandemia

di Francesco Menichetti
Direttore UO di Malattie infettive AOU Pisana e Presidente del Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica (GISA)

In commercio sono ad oggi disponibili cinque tipi di vaccini: vaccini attenuati, vaccini inattivati, vaccini di natura proteica o polisaccaridica, vaccini a m-Rna e vaccini a vettore virale.

I vaccini a mRna ad oggi disponibili contro l’infezione e la malattia da Sars-COV-2 sono due: Pfizer e Moderna. Secondo i rispettivi CEO entrambi i vaccini garantirebbero, dopo il completamento del ciclo vaccinale costituito da due dosi, un’efficacia superiore al 90% sia per quanto riguarda il rischio di infezione che di malattia a 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale.
Tuttavia una terza dose potrebbe essere necessaria tra i 6 e i 12 mesi dopo il completamento del ciclo, con la possibilità di trasformare la vaccinazione anti-Sars-COV-2 in vaccinazione annuale.
In Italia la schedula vaccinale per Sars-COV-2 è stata aggiornata dalla circolare ministeriale del 5 maggio in ricezione del parere del Comitato tecnico scientifico.
In particolare per quanto riguarda i vaccini a Rna Pfizer e Moderna, fino ad oggi somministrati con un intervallo tra le due dosi di 21 e 28 giorni rispettivamente, viene raccomandata la somministrazione della seconda dose dopo 6 settimane dalla prima dose.
Per quanto riguarda invece Astrazeneca la seconda dose dovrebbe essere somministrata in un intervallo compreso tra le 4 e le 12 settimane.
La maggior parte delle regioni effettua il richiamo tra le 8 e le 10 settimane.

I diversi vaccini ad oggi disponibili hanno una diversa efficacia nel prevenire il contagio; tale efficacia varia inoltre nei confronti delle diverse varianti ad oggi predominanti.
Secondo gli studi registrativi, contro il ceppo di virus diffuso all’inizio della pandemia Pfizer garantisce una protezione dall’infezione del 91% a ciclo vaccinale completo e dell’86% dopo una singola dose, Moderna un’efficacia dell’89%, Astrazeneca del 65% dopo singola dose, Johnson and Johnson del 66%.
Ulteriori dati in fase di studio e di pubblicazione potrebbero mostrare un ulteriore incremento della percentuale di riduzione del contagio.

Ci si interroga sulla necessità o meno della III dose, nonché di nuove preparazioni e quale sia il profilo di sicurezza. Con i dati attualmente a disposizione si ipotizza la necessità di una terza dose tra i 6 e i 12 mesi, più probabilmente tra gli 8 e i 12 mesi, dopo la fine del primo ciclo vaccinale.
Una seconda dose prima dello scadere dell’anno sembrerebbe essere necessaria anche per il vaccino monodose Johnson and Johnson.
È al momento in corso un trial in UK sulla somministrazione della terza dose di vaccino ai pazienti immunizzati con Pfizer e Astrazeneca, utilizzando il vaccino di prima somministrazione oppure uno tra gli altri ad oggi disponibili nel Paese.
Tutti i vaccini ad oggi in commercio sono stati ampiamente studiati e l’incidenza di eventi avversi è risultata molto bassa. Gli eventi avversi più comuni sono risultati dolore e infiammazione nel punto di inoculo, stanchezza, mal di testa, febbre, nausea. Anche secondo quanto stabilito dal Center for Disease Control and Prevention degli USA, due sono gli eventi avversi gravi ad oggi identificati, entrambi rari: l’anafilassi e la trombosi trombocitopenica.
Le formulazioni sono autorizzate per fasce d’età differenti, coprendo comunque una fascia di popolazione estremamente ampia.
Pfizer è attualmente autorizzato a partire dai 12 anni; la vaccinazione dovrebbe essere presa in considerazione per le donne in gravidanza, soprattutto quando ad alto rischio di complicazioni gravi da Covid-19, in quanto i benefici superano i rischi correlati alla vaccinazione stessa.

In commercio sono ad oggi disponibili cinque tipi differenti di vaccino: vaccini attenuati, vaccini inattivati, vaccini di natura proteica o polisaccaridica, vaccini a m-Rna e vaccini a vettore virale.
I vaccini ad mRna, a differenza delle altre forme vaccinali, non introducono nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio, o copie degli antigeni contro cui la risposta immunitaria deve svilupparsi, ma solo un frammento di Rna, ossia quell’informazione genetica, codificante per la proteina contro cui deve essere sviluppata la risposta immunitaria.
Tale frammento viene tradotto in proteina dai sistemi di sintesi delle cellule umane, garantendo in questo modo la produzione di grandi quantità di antigene, nel caso del Sars-COV-2 della proteina Spike, con conseguente sviluppo della risposta immunitaria.

La ricerca va avanti.
Diversi vaccini sono attualmente in studio in Fase 3, ossia in quella ultima fase della sperimentazione prima dell’immissione in commercio.
Tra questi troviamo vaccini a virus inattivato, vaccini proteici, a vettore virale e vaccini a Dna e Rna.
Quelli più prossimi all’immissione in commercio in Italia, in quanto attualmente sotto esame all’European Medicines Agency (EMA) sembrerebbero essere il CureVac (a mRna), il Novavax (vaccino proteico), il Sinovac (a virus inattivato) e lo Sputnik (a vettore virale).

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