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Fratture da fragilità, mai piú un’emergenza per la sostenibilità del SSN

Stiamo conducendo degli studi di costo-efficacia per valutare in modo empirico quanto il Servizio sanitario nazionale potrebbe risparmiare garantendo un’aderenza adeguata alle raccomandazioni contenute nelle linee guida.

Le fratture da fragilità sul sistema economico del nostro Paese pesano ben 9,4 miliardi di euro (dato 2017), stiamo parlando di un ordine di grandezza di 560mila fratture ogni anno. La cattiva notizia, oltre a questa, è che le fratture da fragilità sono destinate ad aumentare soprattutto con l’invecchiamento della popolazione, e questo comporterà un aumento della spesa del 26%, passando così da 9,4 miliardi di euro a 11,9 miliardi di euro nel 2030. Si tratta di un impatto economico enorme sul Servizio sanitario nazionale oltre che sulla salute dei cittadini. 

Oltre a questi numeri, si considerino gli 1,2 milioni di QALY (aspettativa di vita in condizioni di buona salute) e 2.6 milioni di DALY (aspettativa di vita in assenza di disabilità) persi per effetto delle fratture da fragilità.
Quindi si sta parlando di un fenomeno che ha una rilevanza enorme in sanità pubblica.

L’enorme onere clinico ed economico delle fratture da fragilità ha una causa ben precisa. Se il medico non riconosce la fragilità ossea come causa o concausa della frattura del paziente in cura, e interviene dunque sull’episodio acuto senza considerare interventi che, riconoscendone le cause, e correggendole con una adeguata strategia terapeutica, quel paziente è molto probabilmente destinato a sperimentare nuovi episodi di frattura.

Nelle nostre linee guida, sulla base della revisione dell’intera letteratura scientifica, forniamo al medico dei semplici strumenti per riconoscere la fragilità e per stratificare il paziente in funzione del livello di rischio di frattura, e del riconoscimento dei pazienti a più elevato rischio a breve termine; suggeriamo le strategie terapeutiche in funzione del rischio; forniamo gli strumenti per valutare, controllare, monitorare l’aderenza dei pazienti alle strategie terapeutiche ed, infine, suggeriamo un percorso, dalla presa in carico in poi, per gestire il paziente con frattura da fragilità. 

La letteratura, sotto questo punto di vista, unanimemente riconosce che l’aumentato costo a carico del Servizio sanitario nazionale per assicurare cure più attente ai bisogni del paziente, è ampiamente compensato dal risparmio di ripetuti episodi di frattura. Quindi stiamo parlando di un approccio razionale non solo per garantire ai pazienti una migliore salute e qualità della vita ma anche per assicurare al Servizio sanitario nazionale un risparmio di risorse per curare meglio pazienti anche con altre patologie.

Stiamo conducendo degli studi di costo-efficacia per valutare in modo empirico quanto il Servizio sanitario nazionale potrebbe risparmiare garantendo un’aderenza adeguata alle raccomandazioni contenute nelle linee guida. 

Le linee guida per le fratture da fragilità hanno aperto molte porte: da una parte forniscono delle raccomandazioni sulla base delle migliori evidenze disponibili per disegnare il migliore percorso di cura e di assistenza del paziente con frattura da fragilità, dall’alta aprono la necessità di effettuare studi, ricerche, approfondimenti adattati al contesto italiano. Sono convinto che le nuove linee guida siano un punto di partenza per fare una buona qualità della cura e per la sostenibilità economica e per evitare sprechi. Insomma, con le nuove linee guida si volta pagina, abbiamo innestato un dibattito, abbiamo aperto un percorso, e se saremo all’altezza saremo in grado, tra qualche anno, di misurarne l’impatto. 
Sono un inguaribile ottimista e per questo vedo, in questa area clinica così trascurata, le fratture da fragilità e le malattie metaboliche ossee, un futuro roseo, però abbiamo molto da fare. 

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